Il DPCM del 3 novembre, in vigore da venerdì 6, ha introdotto nuove restrizioni sugli spostamenti in alcune regioni del territorio italiano, in particolare quelle identificate come “Zona Rossa” e “zona arancione” ovvero dove vi è un “elevato o massimo scenario di gravità ed un elevato rischio” di contagio da Covid-19.
Va da sè che, così come fu per il “primo lockdown”, sono tanti i consumatori che si sono quindi visti costretti a rinunciare ai propri viaggi. Eppure i vettori aerei hanno immediatamente fatto muro, adducendo che se il volo non è cancellato, allora il rimborso non è dovuto.
Non fosse che la normativa emergenziale, per intenderci quella su queste pagine più volte battezzata dei “voucher obbligatori”, sia giunta a scadenza lo scorso 31 luglio 2020.
Torna dunque ora pienamente operativa la disciplina dell’articolo 1463 del Codice Civile, che tutela chi, per causa a lui non imputabile, non abbia potuto beneficiare del servizio acquistato. Per quanto concerne il trasporto aereo inoltre, il Codice della Navigazione, applicabile per analogia, prevede all’art. 945 proprio l’ipotesi di impedimento del passeggero, che egualmente conferisce il diritto al rimborso in denaro. Analoga possibilità di rimborso è prevista dall’art. 400 del Codice della navigazione per quanto riguarda il trasporto marittimo.
Nel caso in cui il vettore neghi il rimborso in denaro, è dunque legittimo reclamare il proprio diritto in applicazione di tali riferimenti normativi facendo altresì riferimento al recente comunicato dell’Enac che “ricorda che le compagnie hanno l’obbligo di rimborsare i passeggeri con voli programmati sugli aeroporti situati in queste zone (rosse e arancioni n.d.r.), che, per motivi indipendenti dalla loro volontà, non possono usufruire del volo.”
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