Parlare di sprechi alimentari quando nel mondo ci sono 924 milioni di persone che stanno letteralmente morendo di fame o soffrono di insicurezza alimentare grave, con un aumento di 207 milioni negli ultimi due anni deve farci riflettere sul modello di società consumistica su cui abbiamo incentrato il nostro stile di vita.
A questo dato umanamente agghiacciante si associa un dato economico altrettanto allarmante quantificato in oltre 15 miliardi euro lo spreco di cibo nel nostro Paese di cui 6,48 miliardi euro nelle case e il restante di filiera.
Lo spreco alimentare ha delle conseguenze negative, a cascata, su economia e ambiente se si stima che il 17% di quanto viene coltivato nel mondo viene buttato con il risultato che grandi ettari di terreno coltivabili vengono utilizzati per alimenti che verranno eliminati, scartati.
Sebbene la nuova indagine rilevi che lo spreco nelle case italiane scende – probabilmente dovuto all’inflazione che ha fatto salire drasticamente il prezzo al consumo – la situazione nel nostro paese resta grave.
Entro il 2030 l’agenda l’ONU ha prefissato gli Obiettivi di Sostenibilità. La lotta contro lo spreco alimentare è il 12esimo obiettivo della lista in Agenda. L’ONU incentiva i Paesi con più spreco alimentare verso un’economia circolare e green, rispettando l’ambiente.
Per dare valore e significato al termine sostenibilità bisogna compiere azioni per ridurre lo spreco alimentare mettendo in atto comportamenti virtuosi con l’obiettivo di arginare pratiche consolidate ma dannose.
Certamente rivedere le abitudini di acquisto, anche come risposta allo scatto inflattivo, attenti alla qualità di quello che si porta in tavola, agendo con comportamenti per ridurre il consumo dell’energia elettrica e del gas, sono azioni che incidono a favore della prevenzione sugli sprechi.
Ma non solo noi come cittadini dobbiamo impegnarci sempre di più. Il problema dello spreco lungo la filiera fra perdite in campo e sprechi nella catena dell’industria e della distribuzione del cibo, infatti i dati rilevano che nel 2022 sono andate sprecate nella filiera italiana oltre 4 milioni di tonnellate di cibo (per la precisione 4.240340 tonnellate), per un valore complessivo di € 9.301.215.981». Lo spreco del cibo di filiera pesa al 26% in agricoltura, al 28% nell’industria e all’8% nella distribuzione è quanto emerge dalla elaborazione dell’Osservatorio Waste Watcher International con Distal, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna.
Sono già a disposizione strumenti che permettono di controllare la catena del freddo e grazie almonitoraggio in tempo reale dei prodotti durante il trasporto si evitano shock termici e i conseguenti sprechi alimentari. Si pensi a prodotti come il pesce che necessita temperature specifiche, che, se non rispettate non consentono la commercializzazione.
Altri strumenti sul mercato che stanno prendendo sempre più piede, sono le applicazioni da installare su mobile o desktop che permettono di comprare alimenti che i commercianti o i negozi butterebbero via perché non considerati più “freschi” ma ancora in perfette condizioni ed entro le date di scadenze. Un esempio è Too Good To Go.
European Green Deal: dove al suo interno troviamo il Farm to Fork come primo tentativopolitico alimentare che preveda misure, regole per l’intera filiera alimentare. Esiste poi l’UNEP che nel Food Waste Intex Report ha suggerito di distingue il tipo di rifiuto alimentare tra alimento che può essere ancora mangiato e quello no e distinguere anche il rifiuto che può essere riutilizzato. Questa azione permetterà di proporre diverse soluzioni e pianificare piani di economia circolare.
Ridurre, riusare e riciclare. Sono le tre parole chiave su cui riflettere e lavorare per trovare una soluzione per lo spreco alimentare per raggiungere l’Obiettivo di Sostenibilità.
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